Nelle serate estive si giocava a Padre cucuzzaro.
Il grande giardino in pendenza (ma all'Aquila tutto era in pendenza) si popolava di bambini, tanti bambini, quelli che abitavano nei due palazzi che condividevano il giardino e altri delle case vicine.
C'era un albero i cui rami più bassi si univano a formare un sedile: qualcuno si sedeva lì, altri sui tre gradini che portavano dietro al palazzo, altri a terra, ci si sparpagliava occupando l'intero spazio disponibile.
Allora il buio si riempiva di suoni.
Il padre cucuzzaro iniziava: "stanotte a mezzanotte nel mio orto mancavano quattro cucuzze" e la cucuzza quattro doveva essere pronta a rispondere: "e perché quattro cucuzze?" padre cucuzzaro: "e quante se no?" cucuzza quattro: "nove cucuzze", presto cucuzza nove! Non distrarti se no sarai eliminata, le cucuzze più lente o distratte infatti venivano eliminate, si restava sempre di meno e il gioco si faceva sempre più veloce ed eccitante.
Questo, fra tutti i ricordi della mia infanzia felice in una città magica è il più bello.
Città amata, città colpita e ferita, ma ancora viva, mentre si chiude quest'anno per te terribile, ci sono anch'io con quanti a Collemaggio, a San Bernardino, in piazza Duomo, accoglieranno un nuovo anno, di rinascita.
29 dicembre 2009
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...e come sempre quando ti ci metti, un sorriso e una lacrima...
RispondiEliminanoi tutti ci sedevamo sul marciappiede tra la 4°e la 5° palazzina c'erano in tanti: Massimo, Renato, Fulvio Laila, Mauro Antonella e le sorelle, Fernanda e Fiorella, Marika e Giuliana..poi le kukuzze che uscivano dovevano pagare pegno e lì veniva il bello, il P kukuzzaro si divertiva a far baciare le ragazze dai maschietti e a far dare gli schiaffi del soldato ai maschietti che uscivano..
RispondiEliminadolci ricordi.."L'Aquila bella me" i te voglio revedè
grazie Cristella